Netcoa Intervista Alfonso Conte, docente di storia contemporanea del Dipartimento di Scienze Politiche e della Comunicazione – DISPC dell’Università di Salerno.
Dopo la sua partecipazione al format innovativo di Netcoa “La Tavola delle Imprese” dedicato al tema “Impresa e cultura al tempo del Covid: nuovi modelli ed opportunità.” e la convenzione con il Dipartimento DISPC, nonché la partecipazione al Laboratorio Cultura – Innovazione – Impresa, istituito dalla Netcoa per promuovere nuove idee e progettualità nel settore della cultura, in una ottica di open innovation, che valorizzi i patrimoni esistenti e le risorse dei territori, il Prof. Alfonso Conte ci ha concesso una breve intervista, evidenziando il ruolo che ricopre l’Università con i suoi giovani discenti per la creazione di nuove figure professionali rispondenti alla domanda che emerge dal confronto con l’imprenditoria e dalla valutazione dei nuovi scenari economici e scientifici. Netcoa, Associazione per la creazione e lo sviluppo di impresa, attenta al tema, si pone quale acceleratore con le sue azioni e progettualità che concretizza nei processi applicativi dello sviluppo locale, attualizzandoli e sostenendoli anche attraverso i programmi di Invitalia di cui è partner – S.I.S. – Sistema Invitalia Startup.
D:Prof. Conte, i giovani si trovano dinanzi ad un significativo cambiamento che varia esistenzialmente il paradigma impresa-lavoro e li posiziona in una diversa visione del proprio futuro. Ci rappresenti come Lei ritiene che le parti sociali possano aiutare le nuove leve per accompagnarli verso questa nuova realtà. Quali strumenti reputa necessari per supportare i discenti ed il ruolo che deve ricoprire l’ecosistema?
R:In relazione al nostro contesto meridionale, probabilmente le generazioni adulte dovrebbero provare a correggere una serie di errori commessi, che rischiano di lasciare come triste eredità ai più giovani. Innanzitutto, la scarsa propensione a collaborare, a costruire reti, costituisce ancora oggi il principale limite di un sistema debole, poco competitivo su scala globale perché scarsamente coeso. La consuetudine a considerare il successo in termini individualistici favorisce l’adozione di strategie conflittuali mentre interessi campanilistici e corporativi prevalgono abitualmente su quelli collettivi. Un’inversione di tendenza in tal senso dovrebbe essere imposta dalla valutazione degli esiti registrati, eppure segnali di trasformazione ancora non si percepiscono. L’alta percentuale di giovani laureati che decidono di abbandonare i nostri territori costituisce senza dubbio la testimonianza più allarmante della crisi che viviamo.
D:Professore, in questo periodo abbiamo potuto percepire l’importanza che la cultura ha sull’intera economia nazionale per effetto della ricaduta di filiera che ha sul tessuto produttivo territoriale. Il patrimonio culturale capillarmente diffuso, nelle diverse forme in Italia, si è mostrato quale fattore attrattivo per tutte le attività direttamente ed indirettamente collegate al turismo. Lei che è uno studioso di percorsi storici e recupero della storia dei luoghi, come immagina che la cultura debba partecipare alla ripresa del Paese? Quali valori, tradizioni è necessario rivalutare per creare nella cultura nuove opportunità più competitive ed innovative?
R:In un tempo caratterizzato dall’importanza della comunicazione, attraggono maggiormente i territori che decidono di collegare le pur necessarie attività di marketing e story-telling all’identità risultante dalla loro storia, che decidono di raccontarsi attraverso testimonianze credibili. Cresce il desiderio di visitare luoghi per vivere esperienze, a condizione che le proposte siano autentiche e consentano l’accesso a nuove conoscenze attraverso la presenza sul posto, o che almeno la visita costituisca un valore aggiunto rispetto a conoscenze già acquisite. Assistere ad un concerto a Ravello dedicato alle opere di Wagner, sapendo che proprio lì il musicista tedesco si è ispirato per la loro composizione, oppure ascoltare una conferenza dedicata alla filosofia greca ad Ascea, sapendo che proprio lì visse Parmenide, possono costituire esempi di valorizzazione dei giacimenti culturali di cui è ricco anche il nostro Mezzogiorno, in grado di collegare iniziative e manifestazioni al genius loci. Inoltre, appare indispensabile programmare non solo eventi, ma modalità per consentire una fruizione continuata di servizi culturali, in grado quindi di assicurare maggiori opportunità di impiego e di autofinanziamento; penso a musei che non siano solo esposizioni, a biblioteche ed archivi che non si riducano a conservare. Infine, è probabilmente indispensabile anche abbandonare la concezione secondo cui esiste una cultura alta ed un’altra popolare, l’idea secondo cui a pochi vanno riservati prodotti di alta qualità ed agli altri la sagra della porchetta ed il complessino per i balli sudamericani; piuttosto andrebbe considerata l’esigenza di veicolare i diversi contenuti attraverso forme che rendano quei contenuti accessibili anche a chi si avvicina per la prima volta, soprattutto ai più giovani.
D:Ringraziandola per il suo prezioso intervento, un’ultima domanda. Il rapporto quotidiano che Lei ed i suoi colleghi avete con i giovani, sin dall’orientamento al percorso di studi, la pone come un attore privilegiato verso questa vivace platea. Quale ruolo Lei reputa che l’Università debba ricopre per sostenere le loro idee ed i progetti innovativi? Professore, come mentore, ci illustri come indica la strada e quali prospettive rappresenta ad un suo iscritto che pone la cultura come suo percorso di vita.
R:Quando penso alle università di oggi, mi piace pensare a quello che hanno rappresentato nel Medioevo molti monasteri e conventi di monaci: luoghi di contemplazione ed approfondimento spirituale, ma anche di formazione dei giovani, di trasmissione all’esterno dei saperi nel tentativo di verificare l’applicabilità di nuovi modelli teorici. A lungo quei monaci hanno costituito riferimenti preziosi per le comunità circostanti, capaci di incoraggiare trasformazioni e progressi, di condividere e provare a superare i disagi ed i problemi soprattutto dei ceti più deboli. Apparentemente staccati dal mondo, in realtà in esso profondamente immersi.